Ferite Invisibili | Emma scrive al blog: “Non sono stata io a provocare la tua violenza.”
2130
post-template-default,single,single-post,postid-2130,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,select-theme-ver-3.7,menu-animation-underline,wpb-js-composer js-comp-ver-6.7.0,vc_responsive

Emma scrive al blog: “Non sono stata io a provocare la tua violenza.”

Troppe persone si riconosceranno nel racconto di Emma, purtroppo. Emma mi ha raccontato la sua storia e siamo rimaste abbracciate a lungo. Le dicevo: “Non ne hai colpa”. Lei mi chiese:” Sei sicura che non è colpa mia?”. Risposi:”Non è mai colpa tua se qualcuno ti maltratta! Ogni persona è responsabile di ciò che fa. Non è legale usare violenza contro un’altra persona e nessuno ha il diritto di decidere come tu devi essere.”
Abbiamo parlato molto a lungo. Ancora parliamo. Ti riconosci? Non sei sola! “Come si fa a spiegare a qualcuno che non lo ha mai passato, perché si rimane, perché è così difficile andare via e che continua ad essere difficile ancora dopo quando si è riuscito ad andare via? Come si può amare e sentire la mancanza di una persona che ci ha fatto tanto male? Quasi, quasi non capisco neanche io. Come si fa a far capire agli altri che non sono le botte la cosa peggiore, ma la violenza psicologica che ti fa a pezzi e che continua spesso anche quando te ne sei andata via. Perché allora si rimane quando si viene maltrattati?
Non succede tutto in un giorno, arriva lentamente, non è mica cattivo sempre. È quel ragazzo simpatico, carino di cui ti sei innamorata, col quale stai così bene, che ti fa ridere. Vi trovate così bene insieme. Poi arrivano all’improvviso, gli attacchi di rabbia, che ti fanno tremare di paura e altrettanto all’improvviso tutto torna normale, come se niente fosse successo. È difficile pensare di chiudere la storia quando tutto torna normale e lui è così carino. E forse, forse non sarà più così cattivo. All’inizio troviamo molte giustificazioni per il suo cattivo comportamento. Man mano diventa una parte della nostra vita, certe cose neanche le annotiamo. Le cose più brutte le respingiamo e dimentichiamo. Alla fine si sta così male che lui ha ragione in quello che dice, che non sei capace, sei noiosa e stai sempre male. Hai sentito la paura, la paura di essere la preda? Di scappare per salvarti la vita? Come il corpo ed il cervello vanno a mille, senza che hai capito cosa stia succedendo, corri e basta. Ci ripenso come avessi visto un film, e non ho nessun tipo di sentimento ora.

Fuori c’è il sole, è arrivata la primavera. Il calore e il canto degli uccellini mi rendono felice. Ma tu mi hai tolto la vita. Non ho la forza di uscire, non ho la forza di fare niente. Sto solo seduta qui a guardare e penso a tutto quello che dovrebbe essere fatto. Desidererei poter piangere, ma le lacrime non arrivano. Tu non capisci niente, chiami col telefono e urli che mi devo rimettere con te, come se non avessi sofferto abbastanza? Dici che dovrei capire che sei cambiato. Non ho più la forza, la forza di ascoltarti. Non importa, qualsiasi cosa io faccia non va bene. Diavolo, sta così in profondità dentro di me, che non posso neanche dire di avere più paura, ma le sensazioni di prima sono ancora dentro di me. Ma non vale la pena fare quello che vuoi, perché comunque non andrebbe bene. Hai fatto tutto da solo, è tutto colpa tua. Forse dovrei provare pena per te perché sei così codardo ma io ti disprezzo. Ti disprezzo perché usi la tua forza e le mani per cercare di distruggermi. Neanche questo riesci a fare. Guardami! Io ho paura e faccio quello che vuoi, ma non arrivi alla mia anima. Sono soggiogata e sottomessa, ma non possiedi il mio cuore. Ti senti un uomo forte quando mi fai mettere in ginocchio impaurita? Ti ecciti nel farmi umiliare? Pensi di avere il mio rispetto riempiendomi di botte? Non ti rispetto. Ti temo ma non ti rispetto. Nei miei occhi sei un codardo e non meriti compassione. Perché dovrei provare compassione per te, quando mi fai piangere di dolore e di paura? No ho neanche diritto di ricevere compassione, dici. Il mio cuore è un sasso duro e la mia speranza è morta,ma non faccio pena. Ho ricevuto quello che meritavo. Non ti merito e tu non mi meriti. Sono troppo buona per te e tu sei troppo cattivo per me. Mi ricordo ancora. Il terrore quando mi riempiva di botte, il terrore che diventava ansia di morire. Sapevo che questa volta sarei morta. Non voglio morire così. Erano alcuni dei pensieri che mi giravano in testa. Non
devo più chiedermi come sarà quando si sa di morire. Ancora oggi sono stupefatta di essere ancora viva, che sono sopravvissuta. Mi sveglio ancora sentendo le sue mani sul collo, in una morsa di ferro. Spinge sempre più forte. Il sangue corre al cervello, gli occhi stanno per scoppiare e l’aria finisce. Tutto diventa nero.

Oggi mi sveglio spesso bagnata di sudore, e combatto per respirare. Oggi è solo un incubo. L’amore della mia vita, avrei giurato, allora. Poter amare qualcuno così profondamente, ogni secondo. Amavo tutta la mia vita. Ora tutto è finito. È rimasto il dolore, l’ansia e i ricordi. Hai ammazzato la donna che ero allora. La donna piena di voglia di vivere, sai questo? Capisci cosa mi hai fatto veramente? Mi hai tolto tutto, il mio amore, la mia gioia e la mia voglia di vivere. L’unica cosa che non hai preso è la mia vita. Sei arrivato vicino. Ora, dopo, come si descrive tutto? Devo imparare di nuovo. Imparare di avere coraggio, di sentire, amare e provare fiducia. Ho termini di paragone
completamente diversi ora. Non sono più la stessa persona, per niente. La donna che ero, che avevo imparato a conoscere come la mia identità, non c’è più. L’hai ammazzata, lo sai? La morte stava arrivando da tanto tempo. Ma quella volta all’ingresso, penso che in quel momento mi hai tolto la vita. Ti ricordi quella volta? Ci pensi ogni tanto? Come tenevi il tuo braccio intorno alla mia gola, le tue mani che con tutta la forza mi hanno buttato per terra. Te lo ricordi? Ti tormenta qualche volta? Come mi strangolavi ancora e poi ancora? Come mi condannavi per tutto e per niente? Come io completamente vinta e umiliata cercavo di chiedere perdono? Ti ricordi? Io piango ora quando ricordo. E tu? Hai continuato per l’eternità. Continuavi e continuavi , dopo che non avrei sopportato più niente. Ho detto addio allora, addio alla mia famiglia e addio alla vita. Ero così triste che la mia vita avesse questo fine. Io che amavo la vita, che ero sempre una persona forte e felice. Ora stavo lì, buttata per terra, mentre l’uomo che amavo mi
strangolava. Ti ricordi? Un mostro, ecco cosa sei. Farei volentieri a meno dell’istinto che mi è venuto allora. So come ci si sente quando si sta per morire. Quando sei convinto di morire, non c’è più niente. Come hai potuto? Ricordo come dovevo fare respiri corti, l’impressione che l’aria mi veniva spinta fuori, e non c’era posto per nuovi respiri. Ricordo tutto, il buio e il terrore. Il campo visivo che diminuisce. Si, lo ricordo troppo bene. Riesco a vedere me stessa lì per terra. I ricordi si, sono doppi. Ricordo come da sopra, vedo me stessa e nello stesso tempo, la terribile sensazione di essere prigioniera della tua collera. Tenuta ferma a terra, catturata dentro di me e che fra un po’ non sarei più esistita. E comunque questa è solo una parte di tutto quello che mi hai fatto soffrire. Ti ricordi questo? Non te ne fregava niente se morivo o continuavo a vivere? Stavi seduto sulla sedia della cucina e guardavi fisso il muro. Mi urlavi. Cosa dicevi? Puttana? Troia? Mignotta? E io cosa facevo? Ti chiedevo perdono più e più volte da dove stavo sdraiata per terra, scioccata di essere ancora viva. Scioccata che tu avessi fatto tutto questo. Terrorizzata aspettando il momento in cui ti saresti girato di nuovo verso di me per continuare il lavoro che avevi iniziato.

Sapevo che la morte sarebbe avvenuta quella notte. Si, è arrivata, ma non nel modo di cui ero convinta io. Ricordo che mi hai preso e tirato addosso allo specchio, che si è frantumato senza che avessi sentito alcun rumore. Ricordo il comodino dell’ ingresso che mi hai tirato addosso, il dolore quando i suoi spigoli mi colpivano la schiena. Ricordo come tutto è successo in un secondo. Non ho avuto l’occasione per reagire finché non stavo sbattuta lì per terra. Te lo ricordi? Come mi stavi seduto sopra? Mi costringevi con una forza venuta dall’inferno, ti ricordi questo? La forza di un pazzo, non avevo nessuna possibilità. Mi ricordo la sensazione di totale esposizione al pericolo, uno stato disperato di abbandono. Si, allora sono morta. Quella donna non c’è più. E sei stato tu! Tu, l’hai ammazzata. Se solo tu potessi capire minimamente cosa mi hai fatto passare. Non lo puoi capire, ma io ho imparato ora che non ho nessuna colpa. Non sono stata io a provocarti, eri tu stesso, sei un mostro. Quindi, hai combinato tutto tu – puoi solo dare la colpa a te stesso.”