Ferite Invisibili | La violenza: i segnali da non trascurare… visibili e invisibili
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La violenza: i segnali da non trascurare… visibili e invisibili

a cura della dott.ssa Annamaria Buono

La violenza assume molteplici forme e modalità: sebbene la violenza fisica,che consiste in ogni atto guidato dall’intenzione di fare del male o terrorizzare la vittima,  sia la più facile da riconoscere, anche la violenza psicologica è altrettanto grave e con esiti deleteri.

Chi è vittima di violenza, soprattutto psicologica, spesso non individua subito il problema perché spesso le abitudini di vita ostacolano la presa di coscienza di determinate situazioni.

Non sempre i segnali di una violenza sono immediatamente percepibili e spesso dover riconoscere certe situazioni come preoccupanti può creare così tanti blocchi psicologici da ignorare ciò che accade, magari quotidianamente.

Ormai si è scritto tanto sull’argomento e i segnali che, in primo luogo, invitiamo ad osservare riguardano sicuramente gli attacchi verbali(insulti e denigrazioni) finalizzati alla squalifica dell’individuo.

La gelosia e l’ossessività, poi, attraverso un controllo eccessivo  può iniziare per gradi, ma prima o poi arriverà a livelli tali da degenerare in situazioni fortemente accusatorie.

Ogni abusante, inoltre, aspira all’isolamento della vittima perciò si verificheranno ripetuti tentativi di allontanamento da ogni rapporto affettivo e sociale, fino al crearsi di situazioni quasi paradossali in cui l’unico legame affettivo sembra essere quello tra vittima ed abusante.

L’aspetto intimo della coppia viene molto spesso violato perché si impongono pratiche sessuali indesiderate o rapporti che causano dolore fisico; ciò porta solo ad esperienze estremamente umilianti che provocano forti ferite psichiche e non solo fisiche.

Di frequente si parla anche di violenza economica in quanto impedire l’accesso alle risorse economiche limita l’indipendenza dell’individuo sottomettendolo ancor di più al controllo.

Potremmo sintetizzare e definire alcuni chiari segnali:

  • svalutazione continua (e su più fronti) dell’individuo
  • gelosie ingiustificate e atteggiamenti di stalking (ossessivo controllo)
  • controllo delle amicizie e degli affetti con la tendenza ad eliminarli
  • limitazione all’autonomia economica e morale (valori e regole)
  • atteggiamento minacciosi e denigratori
  • insistenza ad ottenere rapporti sessuali non desiderati dalla vittima

Molto spesso risulta difficile riconoscere di aver una relazione intima con una persona  aggressiva perché, con il passare del tempo, certi atteggiamenti diventano rituali considerati quasi normali; la quotidianità può diventare una trappola ricca di circoli viziosi dannosi che incentivano l’isolamento e la chiusura della vittima in una situazione senza via di scampo.

Nella mia esperienza clinica ho potuto parlare con persone che hanno vissuto, in diversi modi e misure, le situazioni qui sopra descritte e mi permetto di aggiungere quei segnali che ho ritenuto utili e importanti per affrontare un percorso terapeutico di aiuto.

I soggetti che subiscono violenze dimostrano spesso un elevato bisogno di approvazione  perciò, senza nemmeno rendersene conto, assecondano incessantemente ogni desiderio e richiesta affinché possano sentirsi benvoluti e accettati. Queste persone si prodigano incessantemente per accontentare i desideri più assurdi e irrealistici: si sforzano  per apparire  anonime e non fastidiose cercando di vestire in modo adeguato e consono alle situazioni; si adoperano incessantemente affinché la casa sia sempre splendente ed in perfetto ordine, assecondano ogni restrizione su eventuali orari e abitudini imposte , affinché tutto vada secondo le regole.

Naturalmente queste modalità relazionali non sono funzionali in quanto il soggetto non ottiene mai ciò che  spera, anzi si trova a dover fare sempre di più senza essere riconosciuto in alcun modo. Allo stesso tempo quando non riesce a dimostrare la sua completa disponibilità prevalgono i forti sensi di colpa e  i rimorsi per ciò che non può fare; l’inadeguatezza per come ci si sente  e per come si appare agli occhi degli altri può raggiungere livelli cosi alti da creare spesso sintomi depressivi  o forti attacchi d’ansia.

L’autostima viene fortemente minacciata e quasi sempre la personalità dell’individuo maltrattato sprofonda in condizioni altamente patologiche.

Il soggetto depresso può realmente aver difficoltà a vedere le reali cause esterne per il suo stato d’animo e, a volte, gli atteggiamenti aggressivi ricevuti dall’esterno si trasformano in agiti autolesivi della propria persona. Può capitare che la vittima di abusi, con il passare del tempo, cominci a sentirsi inadeguata e “”sbagliata” perciò accetta passivamente ogni insulto e ogni decisione presa da altri .

Ci si specchia negli sguardi altrui  e ci si  vede come delle persone inutili ed incapaci, non in grado di svolgere tutte quelle attività che fino a quel momento si attuavano con tranquillità. Ogni sguardo e commento   pesa così tanto sulla  coscienza da bloccarsi all’interno di un groviglio di pensieri tetri e cupi e spesso non si immagina una via d’uscita adeguata.

Le situazioni spesso degenero senza che i soggetti abusati se ne rendano perfettamente conto, in quanto i comportamenti attuati cambiano sempre di più in proporzione alle aspettative e il desiderio di sentirsi amati e gratificati non viene mai soddisfatto;si fa  molta fatica a vedere ciò e i tentativi aumentano, non ci si ferma mai a pensare o ad osservare la realtà, si continua imperterriti alla ricerca della felicità, fino a quando qualcuno o qualcosa ci obbliga a fermarci e guardare ciò che sta attorno a noi.

Spesso sono brutti momenti quelli in cui si prende coscienza perché siamo obbligati a fermarci e a rinunciare ai nostri obiettivi; si vive un momento di fallimento e delusione perché tutto ciò che ruotava attorno alla nostra vita si rivela un grande sbaglio.

Emozioni forti accompagnano questi momenti e , spesso, la vicinanza emotiva di qualcuno può davvero fare la differenza. Riuscire a non sentire troppo la solitudine ed il peso della situazione che si sta vivendo può essere il primo passo per reagire.

Il momento più complicato e difficile da affrontare è sicuramente la fase in cui si realizza di trovarsi in una situazione di violenza e si crede fortemente di volerne uscire.

Da un punto di vista terapeutico mi permetto di affermare che ognuno di noi ha a disposizione delle risorse emotive e comportamentali che possono essere sfruttate al meglio per risultare efficaci nei momenti di difficoltà. Spesso capita che il soggetto in questione non sia in grado, da solo, di individuarle e necessità perciò di un sostegno esterno.

Per riprendere in mano le redini della situazione è necessario, a volte, fermarsi e osservarsi come se fossimo degli spettatori ,cercando di individuare i cambiamenti inopportuni che potrebbero essere alla base delle emozioni dolorose vissute.  

Chiedere aiuto può essere davvero difficile.

Riconoscere i segnali di allarme di cui abbiamo trattato in precedenza è sicuramente il primo passo utile:questa fase, apparentemente ovvia ad occhi esterni,spesso risulta difficile per chi subisce violenza perché non si accetta immediatamente la pesantezza di questa realtà. Ammettere  una verità tanto dolorosa e umiliante non è semplice e ci può volere tanto tempo prima di  accettare ciò che si sta vivendo.

Solo con una piena presa di coscienza si può procedere ad un secondo livello per affrontare la situazione e provare perciò a chiedere aiuto; anche per questo è necessario essere emotivamente pronti perché dobbiamo essere in grado di ascoltare e credere al sostegno che ci verrà dato, dando piena fiducia a chi si adopererà per dare assistenza .

All’interno dei sistemi relazionali del vivere quotidiano si trovano spesso persone importanti(genitori, fratelli , amici o conoscenti) che possono già essere, o diventare, utili risorse di supporto sociale per il soggetto in difficoltà.

Individuare le persone più adatte a ricoprire il ruolo di risorsa per il difficile momento che si sta vivendo, è un buon modo di affrontare la situazione.

Inoltre esistono diverse figure professionali (assistenti sociali, psicologi, avvocati, etc…) che potranno, o dovranno, essere coinvolte in vicende di violenza e che dovrebbero saper collaborare in maniera utile avendo come unico e comune obiettivo quello di salvaguardare la vittima.

Dal mio personale punto di vista il sostegno psicoterapeutico deve essere finalizzato ad aiutare emotivamente  la vittima (paziente) a rendersi conto in quale direzione intende andare e in conseguenza di ciò poter contare su un supporto professionale.

Obiettivo iniziale è sempre quello di focalizzarsi sull’emotività del paziente e sostenerlo nel difficile momento che sta attraversando, affinché possa riappropriarsi della sua identità e definire uno stile nuovo con cui volersi rapportare con gli altri.

Il lavoro dello psicoterapeuta sarà rivolto al “riconoscimento” (bisogno di riconoscimento) e sarà attuato attraverso l’incoraggiamento a sentimenti di auto-fiducia e autostima.

Appare evidente , molto spesso, nei soggetti vittime di violenza,  il bisogno di essere riconosciuti e perciò accettati dagli altri, ma ancor prima risulta necessario lavorare sulla capacità del paziente di riconoscere e accettare se stesso.

Il lavoro svolto dal terapeuta verte essenzialmente sul sostegno della vittima, affinché riconosca le sue peculiarità di individuo e abbia così la possibilità di sperimentare nuove modalità relazionali.

L’auto riconoscimento rappresenta sempre una tappa importante nel lavoro terapeutico e rispecchia spesso un vero momento di svolta, durante il quale si riesce a discernere con più chiarezza le risorse disponibili.

Saper accettare le proprie risorse e i propri limiti è sempre un passaggio fondamentale per avere più sicurezza delle proprie capacità personali e per potersi sperimentare nei cambiamenti di vita.